LEADERSHIP
Desiderare
Dal latino desiderare, foggiato su considerare; “sentir la mancanza di”
1. Provare desiderio di qualche cosa; volere fortemente quanto può appagare un nostro bisogno o piacere
2. Aver bisogno, avvertire la mancanza


LEADERSHIP
Desiderare
Dal latino desiderare, foggiato su considerare; «sentir la mancanza di»
1. Provare desiderio di qualche cosa; volere fortemente quanto può appagare un nostro bisogno o piacere
2. Aver bisogno, avvertire la mancanza
Il concetto diffuso di desiderio include spesso il concetto di mancanza, di bisogno, anche quando viene considerata la volontà della persona: “desidero fortemente questa cosa”, che spesso si avvicina a: “non posso farne a meno”.
L’approccio del self-empowerment invece ritiene fondamentale distinguere tra bisogno e desiderio, concetti percepiti a volte come sovrapposti e che non è così semplice distinguere.
Per “desiderio” intendiamo qualcosa che rimanda al concetto di aggiunta, allo smuovere energia “extra”, che ci fa sentire in contatto con un sentimento di piacere, piuttosto che a qualcosa di necessario e urgente. Per certi versi potremmo affermare che più desideri si hanno, meglio si sta; mentre più bisogni si hanno, peggio si sta.
Alcune caratteristiche dei desideri li rendono però più fragili ed impegnativi dei bisogni, con l’effetto che rischiamo col tempo di lasciarli da parte:
- I desideri possono essere procrastinati e rimandati più semplicemente rispetto a quanto possiamo fare coi bisogni
- I desideri sono impegnativi, richiedono spesso di cambiare strada e correre un rischio
- I desideri sono intimi, molto soggettivi, alcune volte non semplici da “confessare”
Queste sono alcune delle ragioni per le quali, con il tempo, disimpariamo ad ascoltare la voce del nostro Io Desiderante, sovrastimando allo stesso tempo quella del nostro Io Bisognoso.
Nel lavoro di self-empowerment, però, è fondamentale contattare ed integrare la propria parte “desiderante”, poiché:
Un’ultima distinzione: spesso sentiamo dire che desiderare troppo espone al rischio di essere poi frustrati. Noi, di solito, rispondiamo con una domanda: “E se la frustrazione invece nascesse dal non averne affatto, di desideri?”
Ecco un piccolo “esercizio” per giocare con la propria parte desiderante: prova a compilare una lista di almeno 20 tuoi desideri.
Ecco alcune linee guida:
- Spazia liberamente tra diversi contesti (casa, lavoro, passioni…)
- Non ti limitare rispetto alla realizzabilità: vola alto!
- Inizia ogni desiderio dicendo “Io voglio
- Esprimiti sempre in positivo, non usare negazioni
- Non scrivere desideri che riguardano somme di denaro (vincere una lotteria): esplicita piuttosto cosa vorresti fare con l’eventuale somma vinta o guadagnata
- Non esprimere desideri per altri (ad esempio: “Vorrei che mio figlio…”) ma solo per te
Ora ti chiedo: quanto ci hai messo a compilare la tua lista? E’ stato difficile? Oppure i desideri erano già pronti dentro di te e sono emersi facilmente? E se ora ti proponessi di esprimerne altri 50 come reagiresti? Ecco, ora hai la “temperatura” del tuo Io Desiderante. E se la temperatura è bassa (se hai faticato a scriverli, o hai addirittura lasciato perdere), ti suggerisco di allenarti, esercitandoti a guardare le cose con più speranza e apertura, a esprimere ciò che vorresti, a parlare di quello che ti piace. Anche a rischio di poter apparire un po’ ingenuo o, magari, sognatore.
Grazie William per gli stimoli in questo articolo.
Dopo averlo letto si è formata nella mia mente un’immagine in cui il desiderio ha insito un movimento verso l’esterno, sia d’investimento della realtà che di rapporto, a differenza del bisogno in cui siamo noi a prendere e siamo in fondo molto più soli.
Non la vedo in modo gerarchico, quanto come un prima e un dopo. Aver soddisfatto i nostri bisogni dovrebbe poi spingerci verso il mondo e le altre persone, anche per spezzare quella coazione a ripetere dove alla soddisfazione del bisogno segue un altro bisogno.
Vero Paola! mi ritrovo in quello che dici sopratutto quando un proprio desidero è legato allo sviluppo: voler diventare più capaci e più bravi, desiderare di esprimere maggiormente delle qualità, ci aiuta ad essere più curiosi e meno “coperti”, a voler spezzare qualche automatismo, e magari a ricercare con maggiore apertura qualcosa di interessante anche in chi è diverso da noi…impegnativo ma decisamente più gustoso…:-)
Bellissimo articolo William. Parlando di desideri spesso incontro persone che ne sottolineano l’aspetto negativo, visto come elemento che distrae dal poter semplicemente “stare” e che induce aspettative e quindi ci allontana dal presente. Eppure esiste una distinzione forte tra il SUBLIMARE il proprio desiderare, e di conseguenza andarvi oltre, ed il CONTROLLARE il proprio desiderare, e di conseguenza limitare la propria energia vitale e le proprie prospettive. Suggerisco a tutti di leggere i libri di Franco Bolelli, filosofo appassionato di vitalità, ricerca e innovazione: ogni sua parola è un inno al “desiderare”!
Se il sublimare è il “2.0” allora credo che dovremmo prima liberare un sacco di energia e lasciar fluire i nostri desideri, anche esagerando un pò…Interessante come l’idea che qualcuno ci controlli ci innervosisce mentre spesso siamo noi stessi a castrare e controllare queste nostre parti vitali! Grazie dello spunto, leggiamo leggiamo ma solo se ci fa piacere :-)!
Complimenti per l’articolo, lascia aperte molte strade per sviluppare il discorso su una parola, in fin dei conti, misconosciuta. Infatti, la frase che mi ha colpito di più è posta in forma di domanda: “E se la frustrazione invece nascesse dal non averne affatto, di desideri?”. Si aprono mondi. Distinguere tra bisogni e desideri – come lei, William, propone – è esercizio di raffinatezza che deve partire indubbiamente da se stessi. Ecco, forse il primo desiderio che si dovrebbe avere è proprio quello di porsi tale domanda (si sarebbe un pezzo avanti). Poi, avanti con la scoperta.
Proprio così, Anna Maria: porsi questa domanda alcune volte fa davvero la differenza. Rispetto alla frase che ti ha colpito, ricordo un’intervista fatta a un giovanissimo Diego Armando Maradona. Gli chiesero quali fossero i suoi sogni, e lui rispose che ne aveva solo due. Si può pensare che proprio l’averne solo due gli abbia consentito di investirci a fondo. Io però penso anche che, una volta raggiunti i due obiettivi, si trovò piuttosto disorientato… e sappiamo bene le difficoltà personali che dovette affrontare. Guarda qui le sue risposte https://youtu.be/hYqeC5YPLa4