La motivazione è certamente una delle leve più importanti per incrementare le performance all’interno di un’organizzazione. La sua forza propulsiva risiede nel coinvolgimento dei collaboratori che, dando un senso ai propri compiti e obiettivi, esprimono al massimo il loro potenziale personale.
Ma qual è l’ultima frontiera delle tecniche di motivazione del personale?

Quella volta che in televisione mi definirono motivatore

… per arrivare là dove nessuna organizzazione è mai giunta prima…
Con leggerezza apparente, prendo a prestito il claim di Star Trek per esplorare un tema ampio e solo apparentemente molto conosciuto.
E lo faccio partendo da un altro “adagio” famoso, che racconta di come sia più utile insegnare a pescare piuttosto che regalare pesci.

Ecco, a questo proposito, mi ricordo di una volta in cui sono stato in televisione e gli autori hanno deciso di mettermi come sottopancia, a mia insaputa, la dicitura “motivatore”. Parlare di potenzialità, di leadership o di sviluppo personale e professionale attiva questo collegamento, facendo aggregare in un’unica categoria molti professionisti, considerati indistintamente esperti di “motivazione dei dipendenti”.

Ebbene, questa etichetta di “motivatore”, che alcuni amici mi appiccicano addosso per prendermi in giro, me la sono sentita stretta. Mi ha sempre ricordato l’immagine un po’ stereotipata dell’imbonitore che inietta, a perfetti estranei, dosi di energia preconfezionata, spronandoli a dare di più, impegnarsi, sforzarsi.

“Mantenere la motivazione è una disciplina, è esercizio, richiede risorse. La motivazione non è equiparabile al desiderio; o per lo meno non è solo questo. È anche abitudine a mantenere il disagio, a sopportare.”
Pietro Trabucchi

La motivazione è un ingrediente potente, ma complesso

Eppure la psicologia del lavoro nasce proprio dallo studio di questo ingrediente complesso e intrigante: la motivazione umana. Come conseguenza del fatto che, nelle prime fabbriche, la velocità e l’impegno potevano fare la differenza tra una produzione più o meno redditizia.
E la motivazione non solo impatta su quello che facciamo e sul come (focus dei primi studi sull’argomento) ma ha anche radici nel famoso “why”, in ciò che ci spinge ad agire.

In contesti organizzativi dove non è più possibile o distintivo puntare sulla standardizzazione, sul “comandare” e controllare, aumentare motivazione e ingaggio in azienda, diventa a maggior ragione una leva cruciale per generare risultati di livello, considerato l’impatto che l’ingaggio dei singoli e dei team ha sulla prestazione e sui risultati.

Detto questo e nonostante la consapevolezza ormai consolidata che molte e diverse “anime” convivono in ogni un’azienda, tendiamo ancora a elaborare strategie strutturate per categorie e cluster, che semplificano e velocizzano ma spesso si risolvono in fuochi di paglia.

L’universo delle Leve Motivazionali di Hogan

tecniche di motivazione del personaleHogan Assessments, uno dei test di personalità più diffuso e scientificamente solido, elenca dieci diverse leve motivazionali, che vanno dal denaro, potere o riconoscimento all’altruismo, edonismo e affiliazione, dalla sicurezza e tradizione fino alla scienza e all’estetica.
È inoltre esperienza comune che io, soggettivamente, possa essere molto motivato in certe situazioni e molto meno in altre. La pandemia, ad esempio, ha probabilmente rappresentato una sfida per le persone più relazionali, che hanno subìto maggiormente, rispetto ad altri, lo stress dell’isolamento sociale.

Il tentativo, dunque dovrebbe essere di elaborare una strategia in grado di toccare contemporaneamente tutte le leve? O strategie diverse, in continua evoluzione, da utilizzare con i diversi collaboratori, dopo averli conosciuti?

Ma questo ragionamento, forse, segue ancora la logica dell’imbonitore che “inietta”, mantiene il focus sul “nutrire” piuttosto che sul rendere autonomi. In un contesto fluido, dove i criteri, i bisogni, i desideri e, di conseguenza, le motivazioni evolvono rapidissimamente, in modo esponenziale, dove l’entusiasmo o la determinazione possano divampare dal nulla e altrettanto rapidamente diminuire o spegnersi.

In tale contesto, investire sullo sviluppo della capacità di auto-motivarsi e sulla costruzione di un substrato culturale che alimenti e valorizzi questa capacità è forse, tutto sommato, la scelta non solo più efficace ma anche più efficiente.

L’auto-motivazione distingue chi è capace di cercare e costruire senso nelle diverse situazioni, di appassionarsi, sentirsi chiamato in causa, attivarsi, avere tenuta ed evolvere anche nelle difficoltà e nella noia.

Tecniche di motivazione del personale o di automotivazione?

Gli esempi più rilevanti di motivazione del personale, allora, sono proprio quelli nei quali tutti i processi HR ma anche le prassi manageriali e di interazione col business sono centrati sulla valorizzazione e sullo sviluppo di un growth mindset, di un’attitudine votata alla responsabilità individuale, alla costruzione condivisa, al commitment allargato, al feedback e alla provocazione reciproca.

Ecco allora 3 spunti su cui riflettere:

  1. Quante volte, in azienda, viene posta la domanda: “E tu, come lo faresti?”
  2. Con quale frequenza tutte le persone dell’organizzazione – non solo i talenti, i manager o i top-performer – vengono spinte fuori dalla propria zona di comfort?
  3. Quanti feedback autentici, diretti ed incisivi si scambiano le persone?

Queste semplici 3 dimensioni potrebbero essere adottate come KPI della capacità auto-motivante di un’organizzazione. Un’organizzazione self-empowerment oriented, in buona sostanza.