Change management: il vero protagonista sei tu

Si definisce change management, quel processo di attivazione e gestione di un cambiamento individuale, organizzativo e/o culturale.

Il cambiamento è alla base di ogni evento vitale ed organico, e consente alle persone e alle organizzazioni di rimettersi costantemente in discussione, ideando soluzioni e alternative, mettendosi in contatto ed esprimendo risorse sempre nuove.

Change Management: ieri, oggi o domani?

Nei laboratori che attivo in azienda mi capita spesso di incontrare persone che, provocate ad immaginare un cambiamento, si lanciano in dichiarazioni del tipo “vorrei cambiare azienda”, “vorrei mettermi in proprio”, “vorrei andare via dall’Italia”… e io storco sempre il naso.

Vorrei innanzi tutto chiarire che io tifo intimamente per il cambiamento, mi sta simpatico e lo ricerco. Inoltre, non mi sono mai definito aziendalista, ovvero non difendo in modo aprioristico le supposte posizioni aziendali. Eppure quando sento queste dichiarazioni, intervengo perché le persone comprendano che i veri cambiamenti sono quelli che sappiamo fare all’interno del nostro contesto attuale. Non in uno futuro, desiderato o immaginato.

Il presente per il domani

Come mai dico questo? Penso ci siano diverse ragioni:

  1. La tua azienda, quindi la tua realtà, è quella che ti mette oggi alla prova. Cambiare può anche rappresentare un modo per fuggire, raccontarsi che i problemi sono generati da altri. Il rischio è quello di incontrarli identici nella prossima organizzazione, o nel prossimo rapporto, perché non hai guardato in faccia i tuoi limiti e i tuoi punti di miglioramento.
  2. Sognare o dichiarare l’intenzione di un cambiamento radicale è un buon modo per rimanere immobili: nei fatti ci sono mille motivi per aspettare e non intraprendere subito quella strada così rivoluzionaria, ma anche rischiosa e sconosciuta… e così resti in attesa, aspettando Godot in un limbo che ha il sapore di un pantano.
  3. Stare nel proprio contesto attuale, spesso, è un atto di rispetto, accettazione e gratitudine. Queste sono a mio avviso capacità (saper appartenere, saper provare gratitudine) che è importante allenare e sviluppare, poiché su di esse si fonda l’affidabilità e la capacità di creare alleanze positive sul lavoro e nella vita, sia nei rapporti consolidati, sia in quelli nuovi.
  4. Il contesto attuale è quello più pregnante per sperimentare alternative di sé e verificarne l’impatto. Cambiare contesto spesso consente di esprimere qualcosa di nuovo (favoriti dal non essere “etichettati” dagli altri che non ci conoscono) ma devi anche riportare tale novità nei contesti noti per poter dire di averla realmente consolidata.
  5. Il contesto attuale è prezioso perché ti costringe al continuo allenamento di guardare le cose note con occhi nuovi. Se sai già cosa dirà il capo, come reagirà il collega, cosa farà il collaboratore… non farai altro che alimentare profezie auto-avveranti. Puoi invece imparare a fare nuovi investimenti in fiducia, apertura e chiarezza comunicativa per essere protagonista di un cambiamento “insperato”.

La parola-chiave che apre la porta del cambiamento è Possibilità

Un change management è ecologico se è sostenibile e rispettoso del punto di partenza. Al contrario, citando George Orwell: “Ogni opinione rivoluzionaria attinge parte della sua forza alla segreta certezza che nulla può essere cambiato”. E questo vale allo stesso modo per le organizzazioni, laddove si dichiarano grandi cambiamenti ma poi, nei fatti, tutto resta come prima.

La parola chiave di un processo di questo tipo diventa Possibilità, ovvero una terza via tra l’essere stabili nel tempo, e quindi statici, ed essere in cambiamento, ma magari correre dei rischi:  un modo di aprirsi al movimento senza perdere la stabilità attuale.

Io nella mia vita ho cambiato spesso, posso ritenermi un esperto di change management! Alcune volte è stata una fuga, e una sconfitta. Altre volte è stata una scelta coraggiosa, utile e che mi ha aperto a nuove scoperte. Ho capito però che ogni contesto lasciato rimane nel mio sistema, vivido e influente. E ho imparato a rispettare questo fatto, a non dimenticare o negare. Così come nella psicologia sistemica e familiare proposta da Bert Hellinger si riconosce come ogni membro di un sistema non possa mai essere escluso, né nei fatti, né nella memoria. Allora, se stai cambiando azienda, famiglia o Nazione, ricorda che è solo tenendo presente nel tuo cuore e con rispetto ciò che lasci, che potrai esserne davvero libero.

| Photo credit: Maria Josè Cinti

Di |2020-07-06T13:32:17+00:00Settembre 7th, 2014|Empowering Change, Empowering Team|6 Commenti

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Scritto da:

Sono Federico, 45 anni, e da timido ho avuto la fortuna di scegliere un lavoro per me scomodo: ho scoperto il valore del disagio, ma allo stesso tempo so che una mano tesa è preziosa. Il mio coraggio nasce dalla fiducia negli altri: ho imparato a sfidarli, a creare, ad innovare e divergere. Nel mio percorso studio, sperimento e cambio tutte le volte che riesco.

6 Commenti

  1. Massimo Casirati Settembre 19, 2014 al 8:01 pm - Rispondi

    Ritengo che Torreluna sia di pregevole fattura, molto strutturato per trattare tutti i temi legati allo sviluppo dell’empowerment è coinvolgente è stimolante e induce ad addentrarsi in ogni tema specifico in base alle necessità strategico formative.
    Di certo Torreluna è una leva importante per coloro che desiderano migliorare sia le proprie performance sia quelle del proprio team cosi come è servito a me e al mio team.

    Massimo Casirati
    Responsabile Rete Vendita Regionale
    Settore G.D.O.

  2. Federico Vagni Settembre 21, 2014 al 7:34 pm - Rispondi

    Grazie Massimo, lavorare con te è stato ed è un piacere!

  3. Carlo Settembre 22, 2014 al 1:24 pm - Rispondi

    Il cambiamento deve essere nelle piccole cose. Citando Mannarino: il mondo non cambia spesso, e allora la vera rivoluzione sarà cambiare te stesso. Chi immagina cambiamenti fantasmagorici e un po ‘ infantili molto spesso, temo, non vuole guardarsi allo specchio. Sono d’accordo con te, ho vissuto personalmente quanto affermi, e lavorando con te e i tuoi colleghi ho potuto assistere alla veridicità di quanto dici. Solo che è un processo faticoso e doloroso, o almeno lo è stato per me, come ben sai. Ciao! E complimenti per il sito, non solo contenuti ma anche piacevolezza grafica e elevata efficacia comunicativa

  4. Federico Vagni Settembre 25, 2014 al 9:33 am - Rispondi

    Grazie Carlo. Io penso che tutti, a volte, sogniamo cambiamenti fantasmagorici, ma è attraverso il coraggio di cui parli che quei sogni possono germogliare in azioni, episodi, movimenti reali. E poi citi Mannarino… come non volerti bene!

  5. gianluigi Settembre 29, 2014 al 7:42 am - Rispondi

    Ho usato questo tuo articolo per intavolare un piano di lavoro su questo argomento nella mia azienda.

    Lo condivido in pieno.

    Una crisi (dal greco κρίσις, decisione) è un cambiamento traumatico o stressante per un individuo, oppure una situazione sociale instabile e pericolosa, che impone DECISIONI!

    il problema è che decidere per le persone è un grosso problema.
    Se insegniamo alle persone a decidere, insegnamo loro a cambiare, probabilmente anche prima dell’ inizio di una crisi….continui cambiamenti che creano enormi cambiamenti se visti a 5 anni di distanzo l’ uno dall’ altro, ma impercettibili se fatti di continuo!

    Grazie FEDERICO VAGNI per stimolarmi a fare questi ragionamenti utili per tutti gli aspetti della mia vita!

    • Federico Vagni Ottobre 2, 2014 al 5:46 am

      Bello Gianluigi che hai “usato” questo articolo: ne hai fatto l’uso migliore, intavolando una riflessione e avviando un confronto nel quale esprimere chiaramente il tuo punto di vista ma allo stesso tempo ascoltando i tuoi collaboratori. Quello che dici, che cambiare comporta decisioni, è proprio vero e per questo è importante che gli imprenditori come te tengano sempre il timone nella direzioni che ritengono migliore ma allo stesso tempo sappiano proporre i cambiamenti rispettando (ma senza rassegnarsi) le difficoltà dei propri collaboratori.

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People often talk about change management, onceived as the process of activating and managing individual, organizational and/or cultural changes. Change is at the basis of any vital and systematic event and allows people and organizations alike to constantly challenge themselves, plan new solutions and alternatives, get in contact with and find ways to express ever-new talents.
During my workshops I often happen to meet people that, when asked to imagine a future change, launch themselves in statements like “I’d like to change company”, “I’d like to start a business of my own”, “I’d like to leave Italy” and I stick up my nose.
Now, I would like to clarify that I intimately cheer for change, I like it and actively look for it. Moreover, I’ve never thought of myself as someone who favors the corporate sector, I do not defend supposed companies’ positions a priori.

However, when I hear those statements, I work towards allowing these people to understand that real changes are the ones we can make within our present context, not in a longed-for (or imaginary) future.

Why am I saying this? I think there are many different reasons:

  1. Your company, your reality, is the one that challenges you today. Changing might mean escaping, telling ourselves that problems are generated by others. This way we may run the risk of incurring the same mistakes in the next company, or in the next relationship because we did not face our limitations and understand our areas for improvement.
  2. Dreaming or announcing the intention of a radical change is a good way for remaining still: actually, there are thousands of reasons to wait, to choose not to walk such a revolutionary, and at the same time risky and unknown, road straight away…and so you keep on hold, waiting for Godot in limbo that tastes like morass.
  3. Remaining in your present context is often an act of respect, acceptance and gratitude. In my opinion, these skills (learning to belong, learning to be grateful) need to be trained and developed because they are at the basis of reliability and the ability to develop positive alliances both in life and work, in long-established as well as in new relationships.
  4. Your present context is the best place to experiment new alternatives of the self and test their impact. Changing context will often allow you to express something new (also because you are not subject to labelling by people who don’t know you) but you will also need to apply such novelty to already-known contexts if you want to say you truly master it.
  5. our present context is precious because it forces you to train yourself to look at already-known situations with fresh, new eyes. If you already know what your boss is going to say, how your colleague is going to react, what that collaborator is going to do…you will only end up feeding self fulfilling prophecies. You can learn to make new investments in trust, openness and clarity of communication instead; this way you’ll be the protagonist of an “unhoped-for” change.

A change management is ecologic if it’s sustainable and if it takes into account the starting point. On the contrary, quoting George Orwell: “Every revolutionary opinion draws part of its strength from a secret conviction that nothing can be changed”. This is also true for those companies where big changes are announced but, in the end, everything stays the same.

I made many changes in my life and I can call myself a change management expert! Sometimes it had been an escape and a defeat. Some other times I made a courageous, useful choice, one that opened me to new discoveries. However, I’ve also learnt that every context I have left, still remains in my system, strong and influential. And I’ve also learnt to respect this, not to forget or deny it.

Like in the systemic and family psychology approach by Bert Hellinger it is acknowledged that no member can ever be excluded from the system he belongs to, neither in physical actions, nor in the memory.
So, if you’re changing company, family or nation, remember that it is only by respecting and keeping in your heart what you are leaving, that you’ll be truly free.

| Photo credit: Maria Josè Cinti

Di |2018-04-04T08:17:20+00:00Settembre 7th, 2014|Empowering Change, Empowering Team|0 Commenti

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Sono Federico, 45 anni, e da timido ho avuto la fortuna di scegliere un lavoro per me scomodo: ho scoperto il valore del disagio, ma allo stesso tempo so che una mano tesa è preziosa. Il mio coraggio nasce dalla fiducia negli altri: ho imparato a sfidarli, a creare, ad innovare e divergere. Nel mio percorso studio, sperimento e cambio tutte le volte che riesco.

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