Appena ho saputo che il 7 maggio sarebbe stata la giornata internazionale della lentezza, mi sono affrettato a scrivere questo post.

Elogiare di lentezza può essere interessante, perché è in sé provocatorio: esser lenti sarebbe qualcosa di cui andar fieri, in un mondo che corre e cambia a ritmi vertiginosi? Chi ha lanciato questa iniziativa vuole sottolineare la bellezza del prendersi un giusto tempo, resistere alla frenesia, ridurre il ritmo. Nascono così delle idee balzane e divertenti, quale ad esempio quella di multare i passanti troppo di fretta.

Eppure, la lentezza in sé non è un valore, ma piuttosto un difetto, una carenza. La difficoltà di non stare nel tempo naturale delle cose. In questo senso la lentezza si contrappone alla fretta, all’impazienza, all’incapacità di “stare” e dover per forza “fare”. Questi due termini in contraddizione, tuttavia, sono due facce della stessa medaglia.

Intendendo fretta e lentezza, oppure velocità e calma, o ancora re-attività o ponderatezza, come capacità personali, inizio a pensare che essere più lenti o più veloci nelle cose possa essere un valore laddove questo rappresenti un passaggio, un tramite, una “cura” per cambiare il proprio ritmo, sperimentarne un altro, imparare. Lentezza e velocità sono territori da esplorare, non mete da raggiungere.

Se allargo lo sguardo, allora, inizio a pensare che nulla in natura è veloce e nulla è lento. Tutto procede in funzione di un proprio tempismo, ecologico, coerente con l’andare delle cose. Siamo noi a interpretare gli avvenimenti, etichettarli con parole che rischiano di essere vuote.

Penso allora a Conor McGregor, professionista delle arti marziali, che conquistò il titolo del mondo Pesi Piuma UFC battendo in meno di 15 secondi José Aldo, campione imbattuto prima di allora. Intervistato immediatamente dopo il verdetto, McGregor disse:

He’s powerful, and he’s fast. But precision beats power, and timing beats speed
Lui è potente, ed è veloce. Ma la precisione batte la potenza, e il tempismo batte la velocità

Il tempismo batte la velocità, e anche la lentezza. Il tempismo è la capacità di modificare la propria velocità in base alle esigenze, al contesto, alle richieste e ai propri desideri.

In azienda non si parla quasi mai di lentezza, ma forse si parla troppo spesso di velocità. Il tempismo ha bisogno di velocità e lentezza allo stesso tempo. Ha bisogno di scatti repentini, ma anche di cura e attenzione al dettaglio, di quantità ma anche di qualità, di forza ma anche delicatezza.
Ecco perché la giornata della lentezza può essere una provocazione utile, per chiedersi: “Sto correndo per qualche ragione specifica? Sto dando il giusto tempo e ritmo alle cose che faccio?”.

Ma, allo stesso tempo, ecco perché io non la festeggerò, dando alla mia giornata il ritmo che le serve, anche a rischio di prendere una salata multa!