“Sei fortunato ad avere un papà così”. Mio padre era in gamba, così io me lo sentivo dire spesso. Troppo spesso. Troppo perché io fortunato non mi ci sentivo, perché anche la situazione più “fortunata” è realmente tale solo se noi ce la raccontiamo, la percepiamo come tale. Be’, io con mio papà facevo più fatica che altro, e non mi sentivo fortunato.
Questo è stato un anno in salita. Ho deciso di credere in me, in noi, e di dare a Torreluna lo spazio che oggi può occupare. Così è nato questo sito, un nuovo logo, e nuovi progetti. E’ stato in salita perché ogni decisione porta con sé una rinuncia altrettanto significativa, una scelta, il rischio di perdere qualcosa. Ma la salita è una fortuna, è bella in sé, ovunque porti.
Quest’anno ho scoperto che nella salita ci si ferisce. Ma la crisi non sta nelle ferite, nel declino, nel raccolto scarso. La crisi sta nel non accettare le proprie cicatrici. Nel negarle e rifiutarle. Perché invece le cicatrici ci danno identità e vita, a partire da quella che tutti portiamo al centro della nostra pancia: l’ombelico.
Allora quest’anno ho scoperto che ci si può scoprire feriti e forti. Che la cicatrice è un veicolo di identità, attraverso il quale sentire con chiarezza la grinta che abbiamo avuto per rialzarci. E che la cicatrice ci avvicina agli altri, rendendoci più sensibili e comprensivi alle ferite altrui. E che la cicatrice ci ricorda la nostra vulnerabilità, e sarà preziosa per invecchiare bene. E che la cicatrice ci ricorda che possiamo fallire e comunque restare vivi, essere umani.
Allora nella salita trovi la bellezza.
Questo vorrei fosse il messaggio per questo anno che si chiude, e per il prossimo che inizia. Nulla cambierà. Forse stiamo cambiando noi, però. Vorrei fosse un messaggio per le persone che arrancano e aspettano chissà che. E danno la colpa. E per le aziende che guardano fuori e hanno tutti i motivi per definirsi svantaggiate, dal mercato, dai governi, dalla crisi. E per i manager che pensano a salvare sé, perché salvare tutti non è possibile. Credo invece che le cose possano andare diversamente, anche nel momento più nero, perché la crisi non esiste se noi non ci entriamo, in crisi.
Ed in questo anno, nella salita, ho incontrato molte cose. Alcune le voglio elencare qui:
- Un nuovo logo per Torreluna, con una torre e una luna, ed una piccola strada che sale verso l’orizzonte, ed un nuovo sito, e la voglia di scriverlo e di comunicarlo, e la convinzione che ne valga la pena. Una nuova fiducia in me, in noi e nel futuro
- Un nuovo modo di fare sviluppo del potenziale, più leggero, coinvolgente, divertente, ma altrettanto potente, per far davvero venire voglia, ispirare, travolgere. Il modo per rispettare i maestri, sentendo per loro una gratitudine infinita, che libera dal senso di colpa del “tradimento”
- Nuovi colleghi e amici, incontrati per poco o per tanto, scoprendo la bellezza di far parte di una comunità e non solo una individualità, di confrontarsi ed aprirsi, di essere contaminato e non solo contaminare. Un nuovo senso di vicinanza e condivisione, della bellezza e del desiderio, a volte, di dipendere
- I vecchi rapporti che si trasformano, crescono, pulsano. Magari qualche scossone e qualche crepa, ma poi dialogo, scoperta. Scoprire che tutto si rinnova perché ha in sé una vitalità che si può liberare solo attraverso uno sguardo più aperto e curioso
- Nuovi laboratori, sul potere e sul desiderio, sullo sviluppo del potenziale e sull’empowerment dei gruppi. La paura ogni volta di un nuovo esame, ma anche il desiderio di mettersi alla prova e scoprirsi bravi. Accorgersi che il successo parte dal sentirsi in gamba, e non viceversa
- Ed in ultimo un capo, un ragazzo in coaching con me da qualche tempo, che ho visto così bravo ed empatico, intelligente ed incisivo con le sue persone, in modo inaspettato e per me stupefacente. L’ho affiancato in un paio di colloqui, poi ho avvicinato le sue persone e ho detto loro sorridendo: “Siete fortunati ad avere un capo così”. E così mi sono sentito fortunato a mia volta
| Photo credit: Maria Josè Cinti
Ciao fede, ho letto tutto d’un fiato il tuo articolo: e ritrovo il ‘mio coatch’, quello che dice cose semplici ma vere, in modo istintivo e quindi condivisibile. Sei proprio tu!
Subito dopo ho provato a ragionare sull’anno appena trascorso un po’ come hai fatto tu nel tuo punto elenco e mi faceva piacere raccontartelo.
La prima volta che ho provato a raccontarti di me, mi rendo conto, t’avro’ fatto sorridere. Perche’ dicevo tutto e il contrario di tutto ma sempre convinta di convincere.
Volevo farmi vedere determinata, sicura, quadrata, senza grigi, solo bianchi o neri. Avevo tanto di più (autentico e semplice) da dire ma- chissa’ perche’- me lo tenevo ben stretto dentro.
Poi pian piano ci abbiamo ragionato sulle cose e mi hai aiutato a vederle da altre prospettive: zoomando su di me mi sono vista fragile, ma proprio per questo speciale.
Nel raccontarti di me (del mio presente e passato) ho capito che di cose (belle e brutte) ne ho vissute un po’: un incidente, una ripresa, una guerra col mondo quando forse non ce ne era tanto bisogno.
Piano piano ho imparato a non avere paura della mia ombra, di quella parte di me che non mi piace. E ho capito che infondo ognuno ha delle zone di grigio ma che l’intelligenza non sta nel nasconderle ma anzi nell’affrontarle.
Ho quindi iniziando a prendere coscienza dei miei punti di forza, ad avere il coraggio di mostrarli ma solo quando (o a chi) ne vale la pena: ho cominciato a pensare in modo diverso, non convenzionale e-ti diro’- ormai le idee sono tante e riesco a stento a tenerle in ordine dentro. Mi ritrovo molto piu’ spesso a condividerle, a metterle sul tavolo con franchezza e quando anche non piacciono, chissenefrega!
Sono partita dal tuo suggerimento di ‘osare’ e sto’ provando a farlo nel lavoro ma soprattutto nel quotidiano: meno soldato e piu’ generale….dura ma -minchia – che soddisfazione quanto ti riesce.
Ho abbassato le difese e ho fatto entrare nella mia vita persone che prima scrutavo da lontano, intimidita e un po’ sulle mie: condividere quello che si ha (poco o molto non importa) e’ davvero bello…
Infine ho capito che sono una persona empatica (questa strana parola che ogni tanto usavi): entro in sintonia con gli altri.
Con facilita’ riesco a capirli e a condividerne il meglio giorno dopo giorno, e facendolo mi arricchisco io stessa, in modo naturale e gratuito.
So che questo e’ stato possibile anche grazie al tuo aiuto: quindi grazie di aver creduto in me. E di avermi stimolato a ragionare.
Ora c’ho preso gusto e quindi mi sa che leggero’ i tuoi articoli o libri per pungolarmi e coccolarmi al tempo stesso.
Sei davvero un grande.
Un abbraccio
Ps: te l avevo promesso che avrei trovato il tempo o il coraggio di scrivere sul tuo blog…..ed eccomi qua! Buon anno
Manuela io penso tu abbia fatto tuo il coaching, conquistando nuove consapevolezze e sperimentando nuovi passi giorno dopo giorno, indipendentemente da me. Sei coraggiosa, acuta e volitiva, intensa nel come vivi la tua vita e la tua professione. Io ti ammiro. Non ti auguro di continuare così, perché so già che lo farai.
Grazie di aver trovato l’energia e la “spavalderia” per scrivere qui, so che non è stato semplice per te che sei così esigente con te stessa… quindi, a maggior ragione, ricambio il tuo abbraccio!
Un bellissimo post Federico che rende merito al lavoro di un anno e in cui vedo anche tutti i segnali perché il 2014 possa trasformarsi in un 2015 ricco di frutti.
Nel leggere la parte delle cicatrici mi hai fatto riflettere su un concetto proprio della medicina e anche della legge: la Restitutio ad Integrum. In entrambi i casi si parla di azioni che hanno come obiettivo quello di ripristinare il più possibile una condizione precedente ad un danno. Sia in campo medico che in campo legale è condivisa l’idea che non sia possibile una Restitutio ad Integrum totale e che l’obiettivo sia quello di avvicinarsi il più possibile.
C’è un’unica situazione in cui non solo è possibile, ma si può realizzare qualcosa di più di quello che c’era prima. Parlo di alcune esperienze dolorose della vita. La nostra capacità di affrontarle e superarle nel migliore dei modi ci dà la possibilità di realizzare una nuova identità e spesso anche un’immagine interna più forte e più profonda.
E mi sembra che questo non solo racconti la tua realtà personale, ma sia anche la “cifra” del lavoro che fai e del modo con cui lo fai. Una realizzazione di fusione più unica che rara. Complimenti e buon 2015!
Grazie Paola di questo parallelo, molto interessante… In effetti è proprio così, spesso investiamo così tante energie nel voler “ripristinare ciò che è stato” (sentendoci così anche vittime defraudate) che ci perdiamo l’avventura forse un po’ disorientante, ma anche stupenda, di osservare quello che di nuovo c’è ora e potrà esserci. Di costruire, accrescere, evolvere.
Il “tuo” mondo, quello dei social e di internet, mi pare proprio così: fluido, incontrollabile, alcune volte anche poco comprensibile, ed il valore aggiunto non è quello di controllare e capire, ma di sapervi navigare senza pretendere di trovare troppi porti, fari, boe e punti di riferimento. Guardare avanti, costruire una rotta, interpretarla, migliorarla, anche abbandonarla, scoprirsi smarriti senza affannarsi alla ricerca di conferme fittizie, saper annusare il vento e ripartire.
Questo sto imparando anche da te.
Grazie dei complimenti, ricambio il tuo augurio per un buon 2015!